Lamæntinus

Cose di cui francamente nessuno sentiva il bisogno

Perché mi piace il cinema horror: il circuito giustificazionista

A 15 anni vidi Non aprite quella porta – L’inizio (Jonathan Liebesman 2006) al cinema. Film mediocre, ma sono comunque stato male per molti giorni.

La nozione di “Paradox of Horror” è nota in letteratura, e si può semplificare come segue: perché ti piace guardare film i quali sai già che ti produrranno malessere? Le risposte sono state varie, più o meno convincenti, e vanno dall’antica nozione di catarsi (l’esperienza estetica come “purga” dai miasmi del quotidiano) a quelle più recenti, vieppiù antropologiche, che chiamano in casa forme di autoterapia, di gestione della paura, di perenne ritualità iniziatica collettiva, e così via. Fino agli studi neuroscientifici contemporanei, che indagano sui nessi cerebrali fra paura e piacere.

Io mi sento – ed è del tutto personale – di fornire una sorta di motivazione ulteriore, che non contraddice l’intenso, collettivo lavorio scientifico a riguardo, ma prova a complementarlo. Si tratta in ogni caso di una impressione del tutto parziale e momentanea, prendetela per quel che è. Mi piace il cinema horror perché mi fa ragionare, quasi sempre, e spesso con forte accento politico. Mi fa dire “perché?”. Fosse anche il più banale dei perché. Quando guardo un film horror, e questo non è proprio una porcheria (ma allora non è un brutto horror, è un brutto film), anche se sono di fronte all’ennesima variazione su un tema già detto, solitamente riesco sempre a intravederci un nodo problematico, un trauma, un irrisolto che mi chiama alla riflessione. Il cinema horror apre – almeno per me – un canale di dialogo privilegiato con i film.

Vale con altri tipi di film questo tipo di rapporto intimo? Naturalmente sì, e non escludo che la mia passione poggi su un vissuto che ha ben poco di scientificamente rilevante. Dopodiché, è cosa risaputa che l’horror sia spesso il più politico dei generi, perché i suoi eccessi di piastrine non possono che convertirsi sempre in metafora di qualcos’altro. Nell’ultimo, bellissimo libro di Pier Maria Bocchi (So cosa hai fatto, 2024), uno dei migliori lavori degli ultimi anni sull’horror, ravviso ad esempio che questa mia disposizione d’animo non è poi così isolata.

L’horror è naturalmente un genere didattico e in un certo senso pedagogico. Un genere generoso, che più di altri ti invita all’esercizio ermeneutico. L’horror brama d’essere giustificato, e questa è una prassi estetica goduriosissima. Difendere l’indifendibile. Quanto si eccitano i circuiti dopaminergici dell’avvocato cinico che riesce, ben arringando, a scagionare il suo difeso che sa essere colpevole? Allo stesso modo quanto è sollazzevole spiegare e spiegarsi il motivo per il quale ci sorbiamo stuoli di atrocità sullo schermo? Ecco, lo chiamo il “circuito giustificazionista”, una pratica esegetica che è fondamentale nell’horror, e che si traduce in quel dialogo con gli amici, che hai costretto a guardare il film con te, e a cui devi spiegare perché li hai messi nella spiacevole situazione. Non è solo quello che vedi, c’è qualcosa dietro, sempre, comunque. E quando vogliono arrendersi bisogna incalzarli: aspetta, è ancora presto, capirai, vedrai il senso, le tue sofferenze saranno ripagate!

In letteratura si è molto riflettuto su alcune manovre che facciamo nell’atto di interpretare testi “problematici”. Una di queste, che mi affascina e in cui credo da sempre, è il principio di carità ermeneutica. Si tratta, in sostanza, di sforzarsi di identificare una coerenza, una sensatezza, in opere che fanno del loro meglio per dirti che non ne hanno alcuna. Lo usate quando provate a dire che una cosa deve avere senso, anche se non è immediatamente visibile (è un passo indietro: non è che una cosa non ha senso, sono io che non la capisco). Bene, il cinema horror spesso richiede molta carità ermeneutica, così tanto da attivare un “circuito giustificazionista”: quel film orrendo non solo deve avere senso, ma ne deve addirittura avere molto, altrimenti la sofferenza che ho provato nel guardarlo mi appare del tutto ingiustificata.

Mi sembra una pista interessante da seguire, ne scriverò ancora in altre sedi.

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