Lamæntinus

Cose di cui francamente nessuno sentiva il bisogno

Che fine ha fatto il computer quantistico? E che fine hanno fatto le svolte epocali?

Su una notiziola all’ordine del giorno, che promette di cambiare tutto e non cambia niente.

Qualche settimana alcuni feed sono stati “visitati” da una notiziola fra le altre: Microsoft avrebbe sviluppato nientemeno che il computer quantistico. Un computer (allo stato “attuale” un chip) piccolissimo, da stare sul palmo di una mano, ma la cui tecnologia basata su un “topoconduttore” sarebbe alimentata da un “core topologico”. In soldoni, la notiziola riferiva cose di questo tipo: che questo computer aveva “raggiunto” un nuovo stato della materia, e che quel piccolissimo chip, potenzialmente, poteva vantare capacità di calcolo maggiori di TUTTA LA POTENZA DI CALCOLO DEL PIANETA MESSA ASSIEME.

Una notiziola del genere ha il sapore di una svolta epocale. Nuovi stati della materia, fino ad ora incocepibili o incocepiti. Piccoli e leggerissimi oggetti che possono effettuare calcoli che superano in una immaginaria sommatoria la potenza di tutti i computer del mondo. In effetti, tuttavia, non si è vista alcuna svolta epocale (ad oggi), la notiziola è rimasta relegata agli addetti ai lavori, e oggi, dopo un mesetto, chi ne parla più?

Ora, ci sono una serie di considerazioni possibili. Anzitutto, la prima, riguarda il caro Bill Gates, il quale ha accuratamente diffuso la notiziola, salvo poi peritarsi di non fornire adeguate spiegazioni alla comunità scientifica, che ovviamente le chiedeva a gran voce. Così Majorana 1, questo l’evocativo nome dato al chip-computer, è rimasto lì, senza che qualcuno di esterno a Microsoft potesse in effetti dire qualcosa in più o in meno a riguardo. E, badate bene, non parliamo di noccioline: il tema dei computer quantistici è tanto mitologico quanto controverso, quindi è chiaro che un’uscita del genere da parte di Gates faccia gola.

Vi è poi la vexata quaestio del nostro rapporto con l’incedere del mondo. Una notiziola del genere, vera o falsa che si riveli, dovrebbe scuoterci, proprio antropologicamente. Azzardo a dire che un’invenzione di questo tipo sia di fatto più significativa dello sbarco dell’umanità sulla luna. Eppure scarsamente è circolata, e anzi in molti non ne sapevano né ne sanno proprio nulla. La qual cosa ci racconta o di una nostra anestesia oramai spinale rispetto a ciò che avviene, o di uno sviluppo perverso di anticorpi per i quali in un mondo dove vero e falso sono annullati (è la famosa e noiosa post-verità, ma forse anche la meno frequentata post-ironia) alla fine non diamo peso più a nulla, nemmeno quando questo ha il sapore di una svolta epocale. D’altro canto, se ogni giorno è disseminato di potenziali cambiamenti drastici, questi iniziano a essere meno cogenti.

Per intenderci, se cercate oggi “Majorana 1” su Google News troverete notizie vecchie, di diverse settimane fa, e niente di particolarmente aggiornato. Laddove dovrebbe esserci un brulichio costante, un monitoraggio minuto per minuto, invece il nulla. Nei confronti – ribadisco – di quella che è stata annunciata come una “scoperta” che ha comportato l’invenzione di un nuovo stato della materia.

Bisognerebbe anche fare una menzione specifica sul nostro rapporto con la tecnologia, che in qualche modo sottotraccia è anch’esso stato mutato profondamente negli ultimi decenni. La novità tecnologica ci interessa sempre di più quando è quantitativa (l’aumento di potenza di un processore, di risoluzione di una fotocamera, di grandezza di uno schermo), sempre meno quando è qualitativa. Nel caso del fantomatico chip ovviamente c’è un aumento quantitativo significativo (ripeto: la potenza di calcolo dell’intero pianeta nel palmo di una mano, questa la “promessa”), ma è soprattutto di ordine qualitativo che parliamo. Lo stesso attributo, “quantistico”, dovrebbe suggerirci il bisogno di abbracciare nuove competenze, la qual cosa è faticosa. Attendiamo dunque che stuoli di divulgatori annusino la preda facile, al prossimo mirato annuncio di Gates, e capiremo se si tratterà di un cambio d’epoca. Anche se fosse, niente, infine, cambierà.

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