Lamæntinus

Cose di cui francamente nessuno sentiva il bisogno

Il trono di Giorgia

Il meme è bello quando dura poco.

Dalla pandemia in poi il tempo si è schiantato. Già prima non brillavamo per memoria storica, nemmeno a breve termine. Ora, l’ora divora tutto, come i Langolieri di Stephen King. Ripropongo una riflessione – inedita – che fissai su carta poco prima del Covid. Magari qualcuno rammenta il “fatto”.

Sono i primi di Maggio del 2019. Su internet non si parla che di Game of Thrones. È uscita la puntata tre della stagione otto, e sembra che sia, per adoperare un termine abusato, epica. La tanto preparata battaglia con gli Estranei, zombi provenienti dai confini del mondo e desiderosi solo di perpetrare il loro alone di morte ovunque, si espleta. Il pubblico, salvo i bastian contrari, naturalmente tifa per i vivi: tanta è stata l’empatia che gli sceneggiatori hanno accuratamente programmato negli anni, avendo premura di provvedere un concerto di personalità umane troppo umane, con le loro bontà e i loro lati oscuri, che calzassero a pennello su ogni spettatore. Che i morti muoiano due volte insomma.

Sono i primi di Maggio del 2019. La politica oggi si fa molto sui social media. Non del tutto, non fidatevi di chi estremizza: le piazze, i comitati, la parola parlata hanno ancora gran valore. E però il web altrettanto. Oggi la politica veste nuovi abiti, adeguandosi al nuovo habitus che vestono i cittadini, sempre meno tali sempre più utenze. È una politica che nel nuovo contesto della prossemica digitale si avvicina a chi la osserva: letteralmente, nello sfoggio dei primi piani, e simbolicamente, nel dichiararsi dei politici, prima imbalsamati nel rigore istituzionale, con il popolo, per il popolo, come il popolo e al contempo più del popolo. Politici che addentano voracemente un panino, politici dopo l’atto sessuale, politici che vanno a sciare. Politici anche che guardano le serie tv, queste essendo uno dei massimi ganci di traino degli immaginari contemporanei.

Giorgia Meloni così, circondata da uno staff che sa fare il lavoro per cui è pagato, pubblica un’immagine propagandistica, in vista delle elezioni europee. Sul lato sinistro campeggia il suo volto, materno e solenne. Ci guarda fissi, è un’interpellazione diretta. Di nero vestita la Meloni è grave e lo sta dicendo proprio a te che guardi, in un manifesto che però tentenna fra il serio e il faceto. Nel presente l’ambiguo gioca un ruolo decisivo. Dietro di lei, a tinte blu e nere, il trono di spade e un drago in lontananza. A destra in basso lo slogan: “Invasi da masse di estranei? Non oggi [nda: scritto con un lettering che riprende quello della fortunata saga]. Blocco navale subito. Difendiamo i confini”.

Comunicare oggi significa saper cogliere gli hotspot della cultura, le ondate più alte, e immediatamente trasformarle in un internet meme. I meme si consumano mentre l’onda è ancora alta, si nutrono della risatina o della polemica che generano, e sono consumati appena la violenza del mare si è fatta schiuma. Sarà poi ora di surfare la nuova onda. È così che Giorgia Meloni punta alla crasi perfetta. Cosa dica è meno importante. L’aberrazione indicibile (eppur si vede) del paragone fra zombi famelici procuratori di morte e migranti che arrivano sui barconi in fondo lascia il tempo che trova. A chi interessa il contenuto, quando questo si consuma nel tempo di un fuoco d’artificio? È la forma che resta, l’immagine impressa, icasticamente. Rimane l’immagine di una Giorgia Meloni, prossima al trono di spade, che le sta dietro, pronto ad accoglierla (questo è il vero significato dell’operazione).

Bionda e sagace come Cersei Lannister, che arriva a sedere proprio su quel trono, speriamo solo non ne voglia replicarne anche le atroci nefandezze.

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