Se ne sono lette molte sulla recente ondata (?) di studenti che si rifiutano di fare la parte orale dell’esame di maturità. Il punto interrogativo è fra parentesi perché mi sfugge, ad oggi, di quale ondata si tratti. I casi si contano sulle dita di una mano, rispetto alle decine di migliaia di maturandi che ogni anno affrontano l’ostica prova, e quindi il dato è statisticamente irrilevante. Ma i media hanno il potere di distorcere la percezione – più ancora delle cose – della loro importanza.
Ciò detto, anche fosse uno solo il caso, qualcosa da dire forse c’è. Leggendo quel che i giornali online hanno riportato, mi pare di poter affermare che le motivazioni addotte a supporto del gesto siano in buona parte riassumibili con la vecchia locuzione “fuck the system”. Ma di quale sistema parliamo? Quali sono le istanze che vengono portate? Mi sfugge completamente, salvo per alcuni stralci superficialmente detestabili. Il Corriere del Veneto del 10 luglio 2025, in un pezzo a cura di Alice D’Este, riporta in un virgolettato le dichiarazioni di Maddalena Bianchi, 19 anni, studentessa del liceo scientifico Galilei di Belluno:
«Sono entrata in aula, ho pescato la traccia. Poi ho aspettato che tutti i docenti della commissione si sedessero e ho iniziato il mio discorso. Ho provato a spiegare che, sebbene nella mia scuola la parte relativa alla preparazione sia stata ottima, ritengo che sia mancata totalmente l’attenzione alle persone. Il focus dei docenti è sempre stato sui voti. Io non ho mai avuto grossi problemi, ero una ragazza tranquilla, coi voti nella media. Ma non c’è mai stata la voglia di scoprire la “vera me” da parte dei docenti.»
Ora, dunque, il “sistema” per la studentessa in questione è il corpo docenti. Il quale ha fornito ottima preparazione ma, provo a parafrasare, ha mancato in empatia, non sforzandosi di “scoprire la vera Maddalena”. Mi perdonerete se mi viene da ridacchiare, e se a questo punto dubito persino della dichiarazione sull’ottima preparazione. Mi chiedo infatti se Maddalena non sappia – o finga di non sapere – che il compito della scuola non è piegarsi alla presunta individualità di ogni singolo che vi transita, ma fornire a ciascuno gli strumenti per aprirsi, modificarsi, mettere in dubbio la presupposta verità del sé.
Siamo, di nuovo, eternamente, di fronte a dichiarazioni mosse da velleità identitarie che pretendono un mondo a misura dell’individuo. Ma quanto Maddalena ha provato a scoprire la verità dietro il suo corpo docenti? Quanto si è interrogata sugli altri? Quanto ha messo in discussione sé stessa, le sue convinzioni, i suoi dogmi scolastici?
Quando avevo l’età di Maddalena ero anche io un barricadero convinto (e, per molte cose, lo sono ancora), ma interpretavo le mie battaglie vedendo nel corpo docenti un potenziale alleato. Capivo anche, da qualche parte nel mio inconscio, che fosse utile condividere le mie istanze perché la mia naïveté veniva stemperata dalle competenze dei miei professori. E loro, che con me avevano condiviso anni di vita, recitavano la parte giusta. Così non c’era un vero me e un vero loro, ma un vero noi, costruito assieme. Come me molti altri. E così, assieme, articolavamo discorsi critici e autocritici su quel sistema di cui eravamo una parte, ma non il tutto. Mi chiedo oggi a che punto si sia interrotto questo filo.
Rifiutarsi di sostenere la prova orale è, mi pare, una forma di tradimento di un patto che si stringe – con i propri compagni e con i propri docenti – nel momento in cui si entra alle scuole superiori. È cambiare le regole del gioco in corsa, senza nemmeno spiegare con chiarezza il perché. Nel mondo dei videogiochi uno così lo chiamano cheater, l’onta peggiore: un baro. Un attacco frontale al corpo docenti – che ha impiegato tempo e sforzo per te – piuttosto che all’istituzione dell’esame stesso (anche volendo leggere il gesto in chiave sistemica, ma la ratio continuerebbe a sfuggirmi).
Un corpo docenti ove magari ci saranno i lavativi e gli stronzi, ma che difficilmente sarà composto solo da lavativi o da stronzi. E che, peraltro, viene così interpretato come quelle commissioni d’esame prive d’anima che vedi in filmacci quali Notte prima degli esami o Flashdance. Ma mi chiedo: realisticamente, in punta di statistica, quanto queste rappresentazioni possano essere considerate veritiere, e non frutto di un immaginario che da decenni mena colpi attorno alle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado.
Ecco, Maddalena, che grado di empatia hai avuto verso l’altro lato della barricata, verso chi hai scelto come bersaglio della tua protesta “rivoluzionaria”?
Poco mi è più noioso e vacuo della retorica della guerra ai professori, che – per indulgere in un cliché – mi pare un’arma di distrazione di massa. E sì, c’entrano chiaramente i social media, il narcisismo patologico, la totale deviazione di ogni orizzonte di realizzazione che non sia ancorato all’apparire e al profitto facile. Mi perdonerete se su questi punti oggi non mi dilungo.

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