Lupo Alberto è stato per l’Italia un personaggio di altissimo livello. Ideato da Silver nei primi anni ’70, ha tinto con la sua mordacia strisce a fumetti e cartoni animati, che in molti della mia generazione ricorderanno. Era, diciamocelo, un capolavoro stratificato di satira, capace di far vibrare in maniera differente corde di bambini e adulti. Politico, emancipato, Lupo Alberto era una piccola perla. Ad oggi ancora escono periodicamente albi su Lupo Alberto, ma sono materiale per nicchie di appassionati, molto ai margini rispetto al discorso generale sul fumetto, dominato da ben altri orizzonti.
Quel che rimane di più dell’ironico canide, fidanzato come forse rammenterete con la gallina Marta, è – temo – la caramella di gelatina quadrata che mi capita sovente di vedere nei tabaccai, usualmente vicino alle goleador. Entrambi questi item appartengono alla stessa categoria non solo merceologica, ma anche a un humus nostalgico tutto italiano. Per inciso, raccontano anche nel loro piccolo la storia economica di un Paese: vent’anni fa, quando ne facevo incetta io, nel passaggio dalla lira all’euro, costavano 10 centesimi l’una. Oggi 20. Signore e signori: è il doppio.
Ma al di là delle quisquilie sul potere d’acquisto dimezzato, l’inflazione, il non adeguamento stipendiale, che in fondo non interessano a nessuno, concentriamoci invece su una peculiare transizione iconologica: da fumetto a caramella, da centro (i cartoni di Lupo Alberto erano trasmessi nella tv pubblica italiana, in orari di tutto rispetto, e al personaggio fu affidata a inizio anni ’90 una grossa campagna informativa sull’AIDS, in quegli anni piaga sanitaria e grande spettro che gravava sulle famiglie italiane) a margine (una scatolaccia in un banco del tabacchi) della nostra cultura.
La caramella di Lupo Alberto oggi è la pietra tombale non solo su un personaggio, ma su un mondo, forse addirittura su un’antropologia. È la scoria di un immaginario pre-internettiano che si è schiantato su un ammasso di meme senza riuscire a penetrarvi, nemmeno un po’. Temo, a meno che non mi sfugga qualcosa, che per le nuove generazioni Lupo Alberto non sia appunto altro che il dolciume. Tutto il suo portato memoriale, a me così chiaro (e così al contempo opaco, seppellito nella melanconia di un passato irrintracciabile), è disciolto nella gelatina e nelle grafiche della carta che le avvolge. Un rifiuto, un rimasuglio, uno sputacchio.
Se avessimo potuto chiederlo al Lupo stesso, non so se sarebbe stato contento di sapere che qualche decennio dopo la sua fine sarebbe stata quella di una caramella. Ne ho comprata una, dopo credo 20 anni dall’ultima. Non è nemmeno un granché. Credo che il Lupo avrebbe optato per l’eutanasia. Meglio l’oblio, che la fotocopia stropicciata di un ricordo.

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